Dieci errori da evitare per il comunicato stampa perfetto

Fare comunicazione e gestire un ufficio stampa va ben oltre la scrittura di qualche comunicato stampa, oggi più che in passato.

Secondo uno studio del portale comunicatistampa.net, il 75% dei giornalisti tuttora ritiene il comunicato uno strumento indispensabile per la confezione di articoli e notizie. Non bisogna avere troppa fretta nel pensionare questo tipo di supporto. Al contrario: in tempi complessi, in cui i gruppi editoriali lottano con numeri sempre più ridotti, e faticano ad essere presenti sul campo, il lavoro editoriale dell’ufficio stampa è ancora più strumentale alla visibilità di una realtà.

Scrivere un buon comunicato è lavoro di penna e di cesello, spesso da confezionare in velocità. Ma dentro c’è pensiero, strategia e mestiere. O quantomeno dovrebbero esserci.

E poi c’è quello che non ci va, o meglio – che non va fatto. Qui di seguito trovi dieci errori che possono far deragliare il comunicato dal suo obiettivo, ossia ottenere risonanza mediatica.

  1. CONTENUTO POCO NOTIZIABILE

Uscire tanto per far sentire la propria voce non è mai una buona idea. Alla base del comunicato stampa dev’esserci una notizia e l’esigenza di comunicarla all’esterno. Non è necessario che un comunicato sia interessante e utilizzabile per ogni e qualsiasi giornalista, ma è indispensabile che lo sia per qualcuno – e possibilmente indirizzarlo a quest’ultima categoria.

Se questo presupposto manca, meglio tacere: ogni volta che un giornalista cestina un nostro comunicato, la nostra reputazione come fonte di contributi interessanti perde una tacca.

Oppure si può sempre lavorare d’ingegno, ricercare dati o chiavi di lettura non scontate: a volte le notizie si possono creare. Non inventare però: quello è tutto un altro discorso.

  1. NASCONDERE LA NOTIZIA

L’obiettivo di un comunicato stampa è divulgare una notizia, pertanto chi lo redige deve avere l’attenzione di metterla a fuoco e andare diritto al punto. Al di là delle famose e sempre valide 5W1H (who, what, where, when, why e how), è buona regola esprimere il nocciolo entro le prime righe del comunicato. Se lo sviluppo del testo richiede di lasciare in fondo qualcosa di importante, anticiparlo nell’abstract è un buon modo per prolungare l’attenzione.

Chi riceve è abituato a scorrere molte cose e a leggerne poche: se l’obiettivo è rientrare nel secondo insieme, è bene non tenersi gli assi nella manica troppo a lungo. Altrimenti restano lì.

  1. NON INSERIRE DICHIARAZIONI

Non tutti i comunicati stampa sono uguali. Non solo per tonalità espressiva e di stile, ma per importanza strategica dei contenuti. Arricchire un contenuto importante e strategico con un virgolettato da attribuire a una figura riconoscibile non è soltanto un qualcosa in più, ma dà al comunicato un tocco di personalità, spesso decisivo per sottolineare con toni diretti e positivi un aspetto strategico già trattato nel testo. Talvolta, inoltre, la dichiarazione è un modo per far passare un concetto che, se riportato indirettamente, risulterebbe autoreferenziale.

  1. ESAGERARE

Affermazioni esagerate, superlativi, esclamazioni, contenuti autoreferenziali: la comunicazione non è il regno delle espressioni valutative. Il giornalista ha bisogno di informazioni, non di valutazioni: se raccontiamo che il prodotto del nostro cliente è il migliore (il che, ipoteticamente, può anche essere vero) bisogna avere anche l’accortezza di spiegare in cosa e perché – in altre parole, fornire dati e riferimenti.

Abbondare di termini enfatici, aggettivi e avverbi non darà maggiore importanza al contenuto. Dimostrare una tesi fornendo dati e numeri, generalmente sì.

  1. ERRORI E REFUSI

Leggere e rileggere. Controllare e ricontrollare. Una buona norma nella revisione di tutti i tipi di contenuti. Nei comunicati stampa è necessario prestare attenzione alla correttezza delle informazioni: dalle date di un evento ai nomi dei protagonisti o delle aziende sostenitrici. Nella migliore delle ipotesi si tratterà di sviste scoccianti, nel peggiore può convertirsi in un incidente diplomatico o in un’inadempienza contrattuale. La perfezione (forse) non esiste, la superficialità non deve esistere.

Da verificare anche la scorrevolezza del contenuto. Periodi lunghi e continue subordinate sono campanelli d’allarme. Se non riesci a leggere il periodo senza esaurire il fiato, è il caso di riguardarci dentro. Talora bastano una virgola o due.

  1. NON CURARE LA COPERTINA

L’aspetto di un comunicato e la scelta dell’immagine impattano sul modo in cui il contenuto viene ricevuto, prima ancora di iniziare a leggerlo.

Un po’ come accade sui social network, l’immagine giusta serve a fermare lo scroll di chi scorre stancamente una mailbox sempre troppo piena. L’immagine giusta aumenta le probabilità di essere letti, e anche pubblicati – purché si abbia l’attenzione di renderla disponibile in risoluzioni accettabili.

Inoltre, il modo in cui un comunicato viene presentato dice qualcosa dei nostri clienti, e soprattutto di noi. Anche con il rispetto e la cura nel confezionare contenuti leggibili, completi e facilmente utilizzabili ci si guadagna la considerazione dei nostri interlocutori.

  1. NON INSERIRE I CONTATTI

Il lavoro dell’Ufficio Stampa non termina con la pressione del tasto “invia”. Per questo inviare un comunicato stampa senza inserire la firma e i contatti del responsabile dell’ufficio stampa è una svista significativa. Va detto, almeno una volta è capitato a tutti! Ma firmare un comunicato non è questione di vanità o di marcare il territorio.

Il lavoro di un ufficio stampa nell’invio di un comunicato ha una doppia funzione: quella di breve periodo (= venire pubblicati) e quella di lungo, ossia aprire un dialogo, creare una relazione, stimolare un approfondimento. Senza riferimenti in calce, questo secondo aspetto viene sostanzialmente scoraggiato: e-mail, numero di telefono e sito web di riferimento non devono mai mancare.

  1. INVIARE TUTTO A TUTTI

Mailing list ricche di contatti, archiviati in maniera corretta, rappresentano una delle più grandi ricchezze di una società di comunicazione. Quella più grande, in assoluto, è saperli attivare: mai visto una mailing list fare comunicazione da sola, d’altra parte.

Segmentare la propria audience non è una finezza, è la misura della comprensione che hai dei tuoi interlocutori e, spesso, del tuo successo nel coinvolgerli.  

Utilizzare un CRM, o una piattaforma di e-mail marketing con strumenti avanzati (Mailup, Mailchimp, SendinBlue ecc…) è indispensabile per evitare di bombardare incolpevoli destinatari di contenuti che non gli servono e non li riguardano.

Come si fa a segmentare efficacemente le liste? Bisogna conoscere testate e giornalisti, redazioni e rubriche. Le mailing list hanno bisogno di cure continue.

  1. SBAGLIARE L’ORARIO DI INVIO

Se un giornalista riceve un contenuto nel momento opportuno aumentano le possibilità che possa lavorarlo, producendo un risultato utile per chi lo ha inviato.

Non esistono regole fisse ed immutabili, perché diversi sono i settori e le notizie da inviare, ma in generale un invio mattutino è preferibile per un contenuto scadenzabile, per dare maggiore agio anche a chi debba confrontarsi con le chiusure dei giornali.

A meno che non si tratti di comunicazioni su cose appena avvenute, o comunque urgenti, meglio evitare uscite dopo le ore 18. Piuttosto che inviare un comunicato alle 23, meglio programmarlo alle 8.30 del mattino dopo. Operativamente non cambia nulla, ma mostriamo un po’ di rispetto per il tempo e la tranquillità di chi ci riceve. Non è poco.

Inoltre, nel programmare le comunicazioni tieni conto anche di quello che accade altrove nel tuo settore di riferimento. Se sai che in una certa giornata è in programma un evento polarizzante per i giornalisti in target, o comunque destinati a ridurre gli spazi a tua disposizione, meglio giocare d’anticipo e cercare altre soluzioni. Sembra scontato, ma…

  1. NON ALZARE MAI IL TELEFONO

Quando premi invio, sei a metà dell’opera. Diffondere un comunicato è parte del lavoro, farlo uscire sulle testate è però questione diversa.

Qualunque notizia va comunicata ai giornalisti con metodi e tempi ben precisi, in funzione dei tempi redazionali dei singoli media. L’altro aspetto cruciale è che il comunicato arrivi al giornalista corretto, e che questi ne abbia percepito l’importanza in mezzo al mare di posta elettronica ricevuta.

A questo servono le verifiche telefoniche – prima e dopo l’invio di un comunicato. Telefonate mirate che diventano, nel contempo, strumento di verifica, sondaggio e approfondimento. Verifica che la notizia sia realmente arrivata al destinatario corretto. Sondaggio sull’effettivo interesse del giornalista per la notizia. Occasione di approfondimento, raccontando a voce l’oggetto del comunicato.

È un lavoro che richiede tempo, spesso non meno di quello per la stesura del comunicato. E sì, lo sappiamo che tecnicamente questo errore non riguarda il comunicato in sé, ma la fase di preparazione o follow-up. Ma nel nostro lavoro contano i risultati. Non i nostri, quelli dei nostri clienti: alla fine dell’anno, non conta quanti comunicati invii, ma il valore della visibilità che sei riuscito a generare. Ed è solo lì che si compie il lavoro di un ufficio stampa.

Altro che tasto invio.

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