Quello che le videoconferenze dicono di noi

Informali si, ma con giudizio: poche regole chiave su cosa e come mostrare (e mostrarsi) a tu per tu con Zoom, Skype e i loro fratelli. Perché la comunicazione non è solo quel che dici

Essere professionali in una riunione di lavoro è un conto, ma solo ultimamente le video conferenze sono entrate nella routine di molti di noi. Ecco una breve guida per farsi trovare pronti per il prossimo business meeting su Zoom o Skype!

Di fronte ad una telecamera, un tempo, c’era poco da scherzare: parrucchiere, cerone e abbigliamento curato nei minimi dettagli, al massimo era ammessa la “giacca di servizio” disponibile nello studio televisivo per chi ne fosse sprovvisto al momento di andare in onda.

Adesso che il collegamento improvvisato è invece nella norma, succede di tutto, compreso il giornalista che durante la diretta da casa per “Good Morning America” dimentica di indossare i pantaloni, convinto di essere inquadrato in primo piano.

Inconvenienti del mestiere, verrebbe da dire, ma non è affatto vero. Visto che smart working e videoconferenze dilagano, non serve essere un anchor per imbattersi in certi problemi. Anche la videocamera di uno smartphone diventa un occhio estraneo che penetra nel privato, svelando aspetti della nostra personalità e del nostro “way of living” che magari preferiremmo tenere per noi. D’accordo, il web è un universo informale, ma non conoscendo come la pensino i nostri interlocutori, meglio usare qualche accorgimento. E questo riguarda sia la cura personale, sia l’ambiente circostante.

Persino i più autorevoli personaggi del nostro tempo ci hanno aperto uno squarcio della loro sfera privata: chi non ha sbirciato nelle librerie alle spalle del politico, del professore, del filosofo? In un contesto tanto particolare anche urla e invasioni dei più piccoli, anziché espressioni di fastidio, strappano per lo più un sorriso. Ma le improbabili scelte di chi compare in un webinar con alle spalle il frigorifero della cucina (true story…) ci ricordano che no, non vale tutto.

Più il nostro luogo di lavoro si distacca dall’algido stereotipo dell’ufficio, più esso parla di noi. È comunicazione aumentata, in senso positivo o meno. Ecco qualche piccolo spunto su cui riflettere prima di accendere la videocamera.

(Anche) l’abito fa il monaco

Avere un aspetto curato come se dovessimo andare in ufficio resta una buona regola. Anche se il capo chiama alle 9, meglio non farsi trovare in pigiama, né indossare sempre gli stessi indumenti per più giorni consecutivi (cosa che pure capita, stando in casa): mostrarsi originali e spiritosi ci può stare, trasandati mai.

Occhio al linguaggio del corpo

Allo stesso modo, è importante il linguaggio del corpo: distogliere palesemente l’attenzione è segno di scarsa considerazione verso chi sta parlando. Né assumere pose troppo scomposte o espressioni annoiate (pur non volendo) aiuta in alcun modo a stabilire un buon feeling. Bere sì, masticare anche no (gomma compresa).

Personalità sì…

Poi guardatevi intorno: sicuramente non giova mostrare di vivere in una casa troppo caotica e disordinata, ma è sbagliato anche eccedere in senso opposto, trasmette scarsa spontaneità. Sul nostro desk lasciamo tutto ciò che ci occorre o che amiamo tenere a portata di sguardo: gli oggetti raccontano qualcosa di noi.

… ma senza esagerare

Alle nostre spalle, da evitare immagini che possano distrarre chi ci ascolta o suscitare perplessità, tanto meno appunti con informazioni personali: dunque, né il poster di Brad Pitt o Charlize Theron, né tanto meno i rispettivi numeri di telefono. Una buona regola, in videoconferenza, è palesare le proprie passioni, molto meno le proprie fedi e idolatrie.

Per farla breve, bisogna stare concentrati. Dunque, ricordate: videocamera accesa, cervello acceso. E finita la chiamata, meglio spegnere solo la videocamera.

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